Non sono un esperto ma mi è sembrato un super innovatore (se avete altri nomi fateli perfavore), scenografie e ritmo stupendi, finalmente superato il concetto di stand up comedian novecentesco.
Sicuramente uno spettacolo molto “bianco e americano” , per un pubblico bianco appunto, privilegiato, ma con un autocoscienza limpida di questo (da parte sua). Si può dire che Burnham usi il “White privilege” meglio della maggior parte degli artisti americani, senza autocrocefiggersi come Macklemore, ma mettendo in luce i privilegi tramite la ridicolizzazione dei problemi dell’uomo bianco, arrivando alla fine a mostrare la reale condizione esistenziale derivata dall’apparente banalità di questi problemi. Molto profondo e ben fatto, direi onesto, e non so quanto il pubblico “europeo” over 40 newyorkese presente allo show possa aver capito di tutto questo.
Il modo in cui Burnham mostra la struttura dello spettacolo lo mette a nudo come performer, mostrando quindi da dentro le dinamiche della spettacolarizzazione della società viste da un “straight white man” nato nel 1990.
Geniale e musicalmente buona l’appropriazione del pezzo autotune di West.
Farà strada e proseliti.
Bello, innovativo, talentuoso, piacevole. Troppo distaccato e autoreferenziale però… il tipo dice (nello spettacolo) che l’unica cosa che gli interessa dello stare sul palco è parlare dello stare sul palco… ma a lungo andare questo risulta un po’ straniante ed anche un po’ vuoto… come un condimento senza la pietanza… forse semplicemente non ha ancora abbastanza cose di cui parlare! Col tempo spero che si “allenti” un po’ e trovi un bilanciamento fra struttura e sovrastruttura (ok, è notte tardi). Stewart Lee, per esempio, lo ha fatto, ed ora è molto più godibile a mio avviso.
Detto ciò… un’altra piacevole scoperta. GRAZIE!
Grazie per diffonderlo finalmente, lo seguo da quando ha (e quindi anche io avevo) 16 anni.
I suoi ultimi due special sono due meraviglie secondo me, se mai capiterà e ci riuscirete, “what.” merita di essere diffuso.
Peccato abbia deciso di appendere il microfono al chiodo per un bel po’.
Grazie per il lavoro che fate.
Non sono un esperto ma mi è sembrato un super innovatore (se avete altri nomi fateli perfavore), scenografie e ritmo stupendi, finalmente superato il concetto di stand up comedian novecentesco.
Sicuramente uno spettacolo molto “bianco e americano” , per un pubblico bianco appunto, privilegiato, ma con un autocoscienza limpida di questo (da parte sua). Si può dire che Burnham usi il “White privilege” meglio della maggior parte degli artisti americani, senza autocrocefiggersi come Macklemore, ma mettendo in luce i privilegi tramite la ridicolizzazione dei problemi dell’uomo bianco, arrivando alla fine a mostrare la reale condizione esistenziale derivata dall’apparente banalità di questi problemi. Molto profondo e ben fatto, direi onesto, e non so quanto il pubblico “europeo” over 40 newyorkese presente allo show possa aver capito di tutto questo.
Il modo in cui Burnham mostra la struttura dello spettacolo lo mette a nudo come performer, mostrando quindi da dentro le dinamiche della spettacolarizzazione della società viste da un “straight white man” nato nel 1990.
Geniale e musicalmente buona l’appropriazione del pezzo autotune di West.
Farà strada e proseliti.
Grazie mille della traduzione!
Andrea
Bello, innovativo, talentuoso, piacevole. Troppo distaccato e autoreferenziale però… il tipo dice (nello spettacolo) che l’unica cosa che gli interessa dello stare sul palco è parlare dello stare sul palco… ma a lungo andare questo risulta un po’ straniante ed anche un po’ vuoto… come un condimento senza la pietanza… forse semplicemente non ha ancora abbastanza cose di cui parlare! Col tempo spero che si “allenti” un po’ e trovi un bilanciamento fra struttura e sovrastruttura (ok, è notte tardi). Stewart Lee, per esempio, lo ha fatto, ed ora è molto più godibile a mio avviso.
Detto ciò… un’altra piacevole scoperta. GRAZIE!
Grazie per diffonderlo finalmente, lo seguo da quando ha (e quindi anche io avevo) 16 anni.
I suoi ultimi due special sono due meraviglie secondo me, se mai capiterà e ci riuscirete, “what.” merita di essere diffuso.
Peccato abbia deciso di appendere il microfono al chiodo per un bel po’.
Grazie per il lavoro che fate.
Ragazzi, grazie. Vi amiamo per ciò che fate. Grazie di cuore.